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A Villa Franciacorta l’Università e la ricerca sono sempre state di casa.

Le collaborazioni

Molte sono state le operazioni svolte in collaborazione con le università: dalla zonazione dei terreni negli anni ‘60/’70, ai cloni commissionati di piante di Pinot vecchie di 40 anni trovate nel 1960 in azienda e di cui si è voluto preservare il patrimonio genetico grazie al lavoro minuzioso della Università di Piacenza. Viti che oggi sono per l’azienda vanto di un’agricoltura di livello che non ha pari, piante che furono selezionate per la forte resistenza alla flavescenza dorata e che oggi restituiscono espressioni aromatiche e gustative sorprendenti ed uniche.
Nel 2011 si instaura una nuova collaborazione con il dipartimento di Enologia e Microbiologia dell’Università di Firenze, con cui ha inizio lo studio e la ricerca che verte ad isolare i lieviti presenti in cantina.

Obiettivi

L’idea di Roberta Bianchi è quella di evitare l’uso di lieviti di produzione industriale, comunemente usati nella spumantistica mondiale, e di voler fuggire dall’omologazione per non banalizzare o svilire l’identità perseguita e tutelata fino al momento della vinificazione. L’uso di lieviti indigeni, fa sì, infatti, che la prima fermentazione diventi uno dei passaggi cardine della forte caratterizzazione del vino base. Vengono selezionati 300 profili genetici presenti in cantina e, dopo un’attenta selezione, non solo per la cinetica fermentativa, ma soprattutto per il patrimonio organolettico, olfattivo e gustativo facilitato dagli stessi, si giunge alla decisione di selezionarne due fra questi. Vengono quindi battezzati: FCR3 e FCR6 dove FC sta per Franciacorta e R per Roberta.

Risultati

Nel 2014 inizia la prima sperimentazione sul mosto e questi lieviti vengono addirittura testati in rifermentazione. Da subito si rivelano due cavalli di razza, seppur più lenti di quelli industriali, e sono in grado di portare ad esprimere profumi e sentori unici, valorizzando le caratteristiche dei mosti, esaltando le ottime componenti olfattive e gustative ed evidenziando le caratteristiche varietali delle uve delle singole parcelle. Negli anni a seguire, la decisione è di usare preferibilmente FCR3 su Pinot nero e FCR6 su Chardonnay, ma anche questa non è una regola ferrea, perché ogni anno sono la natura e il know-how a decidere quali dei due sia meglio utilizzare e perché.

Il valore dei lieviti autoctoni

Dal 2016 viene istituito un protocollo per l'uso esclusivo dei lieviti autoctoni in prima fermentazione. Da quella vendemmia, tutti i vini sono ottenuti esclusivamente con i lieviti FCR6 e FCR3. "Decisione che portiamo avanti con orgoglio, come con orgoglio continua l'impiego dei due lieviti usati in sinergia in rifermentazione per Cuvette. La ricerca è tuttora in corso, anche perché la microbiologia è un mondo tanto affascinante quanto complesso e le variabili che possono sembrare scontate, necessitano di continuo studio al fine di perseguire sempre nuovi e più ambiziosi traguardi!” Siamo convinti che l’unicità nasce dal terroir per poi crescere man mano nel frutto, e valorizzarsi nel vino fino a esaltarsi nella rifermentazione, dove ogni bottiglia è un mondo a sé, grazie al prezioso metodo di produzione del Franciacorta, ma lo è ancor di più se la variabile, non indifferente, del lievito diventa protagonista e strumento di ulteriore distinzione.

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